Indice
Perché fa così male non sentirsi visti
Il rischio di inseguire chi non c'è più
Lasciare andare come atto di cura
Gratitudine invece che rancore: è possibile?
Un rituale semplice per chiudere con amore
Conclusione: spazio nuovo, te più integro
1. Perché fa così male non sentirsi visti
Essere visti è un bisogno psicologico profondo.
Secondo le teorie dell'attaccamento e della psicologia relazionale, sentirsi riconosciuti dagli altri conferma la nostra identità e ci fa sentire al sicuro.
Quando una persona importante smette di vederci, di comprenderci o di darci spazio nella sua vita, possiamo vivere un dolore simile a un piccolo lutto: non per forza fisico, ma relazionale e simbolico.
Ci si sente invisibili, svalutati, non più “degni”.
Ma questa è un’illusione: il valore non si misura in chi resta, ma in chi sei, anche quando resti solo.
2. Il rischio di inseguire chi non c'è più
Spesso, davanti a un legame che si spegne, iniziamo a inseguire l’altro o la versione passata della relazione.
Cerchiamo spiegazioni, mandiamo messaggi che restano sospesi, riapriamo ferite nel tentativo di chiuderle meglio.
Ma così facendo rischiamo di tradire la nostra evoluzione.
Rimaniamo ancorati a una persona che forse ha già smesso di riconoscerci, o a una relazione che non rispecchia più chi siamo diventati.
Come scrive la psicologa Harriet Lerner:
“Quando cambiamo, non tutti restano. E non tutti riescono a vedere chi stiamo diventando.”
3. Lasciare andare come atto di cura
Lasciare andare non è dimenticare.
Non è nemmeno smettere di voler bene. È un atto di cura e coerenza verso se stessi.
Significa riconoscere quando una relazione è diventata disfunzionale, unilaterale o semplicemente non più nutriente.
E scegliere di non trattenere ciò che non ci rispecchia più, per far spazio a ciò che ci somiglia.
In psicologia si parla di “distacco sano”: la capacità di separarsi senza annullarsi, senza drammi, con consapevolezza e rispetto per entrambe le parti.
4. Gratitudine invece che rancore: è possibile?
Sì, ma non subito. Il rancore è spesso un’emozione di passaggio. Serve a proteggerti, a darti forza.
Ma non è una casa in cui restare a lungo.
Quando il dolore si placa, può affiorare uno spazio più calmo.
Uno spazio dove puoi dire:
“Grazie per ciò che siamo stati. E ora ti lascio andare.”
Gratitudine non significa giustificare.
Ma riconoscere che, in quel tratto di strada condivisa, hai imparato qualcosa. Su di te, su come ami, su cosa vuoi.
5. Un rituale semplice per chiudere con amore
Ti propongo un esercizio pratico, ispirato alla psicoterapia narrativa:
Scrivi una lettera a chi stai lasciando andare. Non devi inviarla. Scrivi con sincerità tutto ciò che vorresti dire: rabbia, dolore, ricordi, ringraziamenti.
Alla fine, chiudi con una frase di distacco gentile:
“Ti lascio andare con rispetto e gratitudine. Ora torno a me.”
Brucia o strappa la lettera, mentre respiri profondamente.
È un gesto simbolico, ma il cervello registra anche i riti come forma di elaborazione.
6. Conclusione: spazio nuovo, te più integro
Lasciare andare non è perdere, ma ritrovare.
Non chiudi una porta: apri una finestra.
Ogni volta che ti concedi il permesso di non forzare un legame che non ti contiene più, rafforzi la relazione con te.
E quando smetti di rincorrere chi non ti vede, inizi davvero a vedere te stessə.
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